Lucidatura |
|
Cenni storici |
In origine, più che considerazioni
di natura estetica, fu la necessità di preservare le superfici dei mobili
e dei manufatti lignei in genere, a spingere gli artigiani del legno
alla ricerca di sostanze e procedimenti in grado di proteggerli dagli
effetti dell'umidità, dal calore, dalle luce, etc.
E' documentato l'utilizzo di
olio di lino, aceto, e di una grande varietà di cere e resine.
Le prime notizie storiche fanno risalire
l'uso delle vernici all'epoca degli antichi Egizi e Plinio il Vecchio, nel
libro XXXV della Naturalis Historia, ne descrive alcune.
In estremo oriente, l'arte della
laccatura in particolare,
raggiunse livelli eccelsi.
In Europa, agli inizi del XII sec. il
monaco Teofilo,
autore del trattato "De diversis artibus", dettò le prime nozioni sull'uso
dell'olio di lino come vernice.
Un contributo importante alla diffusione
di nuove ricette e tecniche fu dato dai missionari che reduci dalla loro
attività di propaganda religiosa in oriente.
Verso la metà del XVIII sec. in Francia si
diffuse l'utilizzo della gommalacca.
La preparazione industriale delle vernici,
ebbe inizio in Inghilterra verso la fine del XVIII sec, sviluppandosi nella prima metà del XIX sec.
|
|
|
vernici |
Riprendendo la definizione di A. Turco, ("Coloritura,
Verniciatura e Laccatura - Hoepli editore) di prodotti vernicianti
come "qualsiasi materiale di rivestimento, di consistenza liquida o
pastosa, atto a proteggere, coprire o colorire la superficie di un
qualsiasi oggetto con uno strato (film)leggero, sufficientemente
impermeabile, abbastanza resistente e flessibile che abbia inoltre certe
proprietà particolari, appropriate all'impiego cui è destinato."
Premesso che possiamo distinguere tra:
-
vernici vere e proprie, prive di
pigmenti, che, colorate o meno, stese in stati sottili sono
trasparenti;
-
vernici con pigmenti o pitture;
-
pigmenti in pasta macinati all'olio,
mastici e gli stuccchi,
diciamo subito che quelle che qui ci
interessano sono solo le prime, in particolare le resine solubili in
alcool.
Tra queste, la più conosciuta e usata è
la gommalacca in scaglie che viene ricavata dalle secrezioni
dell'emittero femmina Kerria Lacca, presente nelle foreste dell'India (Assam)
e Thailandia.
L'insetto, che succhia la linfa degli
alberi, deposita la gommalacca sulla corteccia, per ottenere una
salda presa,in formazioni dall'aspetto di
tunnel, o forma di bozzolo.
Può essere di colore rosa, marrone e
giallognolo più o meno chiaro
Quella meno colorata è prodotta quando
gli insetti sono parassiti dell'albero kursum, (Schleichera trijuga.
La materia prima, raccolta degli
alberi contiene pezzi di corteccia e parti degli insetti, è posta in tubi di tela (molto simili calze lunghe) e riscaldata sul
fuoco.
Questo fa sì che la gommalacca si liquefi e filtri fuori
della tela lasciando i residui all'interno.
Il prodotto
denso e appiccicoso viene poi essiccato su un foglio piatto e sminuzzato
in scaglie o confezionato in "bottoni" (pucks /
residui), e poi insaccato e
La gommalacca è un polimero naturale ed
ha una composizione chimica simile a quella dei polimeri sintetici, ed è
quindi considerata una plastica naturale.
Può essere modellata a caldo, per cui è
classificata come materia termoplastica.
Altre resine, usate perloppiù in
associazione con la gommalacca, sono le seguenti
la
dammar, che nella
lingua malese, significa torcia di resina. Gran parte della
produzione si ricava incidendo la corteccia degli alberi dalla famiglia
delle Dipterocarpaceae presenti in India, Asia orientale fino in Nuova
Zelanda (principalmente quelli dei generi Shorea, Balanocarpus, o Hopea,
anche se è presente in forma fossile; la colorazione va dalchiaro a
giallo pallido, mentre la forma fossile è di colore grigio-marrone.
il mastice,
che fuoriesce dal Pistachia Lentiscus che cresce nell’isola di Chios in
Grecia e si presenta sotto forma di lacrime arrotondate, di colore
giallo,
l'elemi, prodotta da molte
specie di piante, specialmente le Burseracee. La Elemi propriamente
detta, o di Manila, viene prodotta
dal Canarium luzonicum Gray e specie affini, alberi delle Filippine.
il
benzoino,
ricavato dalla orteccia degli Styrax Benzoin Dryand, aggiunto
alla gommalacca in piccole percentuali, dona un'elevata brillantezza e
ne migliora la scorrevolezza: ha una colorazione rosata. E' molto
solubile in alcool etiico.
la
copale di Manila viene
ricavata incidendo il tronco dell'Almaciga (Agathis philippinensis), una
conifera (famiglia delle Araucariaceae) che cresce sull'omonima isola
delle Filippine; si presenta in masse resinose di grandezza variabile e
dal colore giallo chiaro Ha un'elevata capacità riempitiva.
la
sandracca che si estrae dal Tetraclinis articulata, un albero della famiglia delle Cupressaceae
originario del Nordafrica;
la
colofonia, di consistenza vetrosa, fragilissima e facilmente
polverizzabile, colore giallo trasparente, è un
residuo della distillazione delle trementine della distillazione
delle resine di varie conifere (pini, abeti, larici ecc). È composta di
acidi resinosi (abietico, pimarico ecc.), loro anidridi e prodotti di
ossidazione. È anche nota in
commercio col nome di Tall Oil, pece greca, resina per violino, resina della gomma
che è ricavata incidendo gli alberi di Pinus Palustris e Pinus Caribaea
.
In particolare, le prime tre
conferiscono una maggiore brillantezza, le altre una maggiore durezza.
Premesso che l'unico ingrediente
veramente indispensabile è la gommalacca, dal libro
Coloritura, Verniciatura e Laccatura - Hoepli editore, di A. Turco,
citiamo qualche formula di vernice polirsinosa.
Gommalacca
Sandracca
Copale Manila
Elemi
Alcool |
gr 120
''
15
''
5
''
15
lt
1 |
Gommalacca
Elemi
Benzoino
Alcool
|
gr 120
''
20
''
15
lt
1
|
Gommalacca
Dammar
Sandracca
Alcool
|
gr 150
''
15
''
15
lt
1 |
Gommalacca
Colofonia
Mastice
Alcool
|
gr 100
''
25
''
25
lt
1
|
|
gommalacca in scaglie
kerria lacca
dammar
mastice
benzoino
sandracca
colofonia |
|
preparazione della gommalacca |
Per l'utilizzo, si versano le scaglie in
un recipiente (di plastica o di vetro, mai di metallo, in quanto gli
ossidi di ferro che si verrebbero a formare la scurirebbero); successivamente si
versa dell'alcool, fino a coprirle completamente, in un rapporto di
150-200 g. di gommalacca per 800-900 cc di alcool.
La gradazione dell'alcool, deve essere
non inferiore a 95°; da qualche viene commercializzata in gradazione
pari a 99°, che può risultare utile in caso di utilizzo in condizioni di
basse temperature e/o elevata umidità.
In ogni caso, come regola generale, le
lucidature andrebbero effettuate in ambienti senza polveri in
sospensione, temperature miti e bassa umidità atmosferica.
Una volta disciolta, nel caso di presenza
di impurità è opportuno filtrarla; ideali per l'operazione sono le calze
in naylon.
La gommalacca così preparata si conserva
ottimamente, migliorando col tempo le proprie caratteristiche.
|
oliatura |
Si tratta di un trattamento preliminare, non
strettamente indispensabile per la successiva lucidatura, ma generalmente
effettuato, in quanto in grado di esaltare la bellezza delle venatura,
soprattutto sui legni non sottoposti a
tintura, e che si vuole lasciare nel
loro colore naturale.
Quanto alla scelta del tipo di olio, A. Turco "Coloritura,
Verniciatura e Laccatura - Hoepli editore,
consiglia l'utilizzo di quello di vasellina; personalmente preferisco l'olio
paglierino, (una miscela di alchilobenzoli liquidi sintetici denaturati) in grado di conferire al legno tonalità più calde.
In commercio è reperibile anche con
colorazione rossastra.
Al fine di evitare che impedisca l'adesione
delle mani di lucido, andrebbe usato in modica quantità ed esclusivamente
nelle fasi iniziali (sul legno grezzo o meglio dopo aver aver trattato la
superficie da lucidare con una soluzione estremamente diluita di gommalacca).
|
lucidatura a cera e gommalacca |
E' un tipo di lucidatura, relativamente
facile da eseguire, specie se confrontata con la più impegnativa
lucidatura a tampone; risulta preferibile sui mobili rustici, per
trattare legni estremamente porosi quali castagno e il rovere o legni
poveri quali il pioppo, l'abete o il pino, etc, nonché su alcuni mobili
in noce; in sostanza risulta adatta laddove si desideri avere un aspetto
satinato.
E' assolutamente da sconsigliare
per mobili in mogano.
La gommalacca, preparata come sopra
indicato, potrà essere data a pennello, avendo cura di stenderla in
maniera uniforme, possibilmente nel verso della venatura, facendo
attenzione ad evitare la formazione di colature e senza ripassare due
volte nello stesso punto, al fine di evitare antiestetiche "bruciature"
ovverosia lo scioglimento e l'aggrinzimento dello strato sottostante.
Per avere un buon risultato, occorrono
almeno quattro mani, attendendo la completa essiccazione tra l'una e
l'altra e procedendo a passare della lana d'acciaio fina o della carta
abrasiva finissima, così da
rimuovere le granulosità che si formano.
E' opportuno diluire con alcool, la
mano successiva di un 10% circa, rispetto la precedente.
Nel caso di mobili sottoposti a
preventiva coloritura, tale operazione dovrà essere effettuata con
particolare cautela, eventualmente solo dopo aver applicato due mani di
vernice.
Al termine, dopo avere passato nuovamente
la lana d'acciaio fina, si procederà a stendere, con un pennello, una o più mani di
cera.
Successivamente, si passerà, prima una
spazzola con setole morbide, avente la funzione di rimuovere gli eccessi e
far penetrare meglio la cera nei pori e negli interstizi; infine si
procederà alla lucidatura finale con un panno di lana oppure con una
calza di naylon, che presenta il vantaggio di non lasciare pelucchi.
|
sedie in noce
lucidate a cera e gommalacca
|
|
lucidatura a tampone |
|
|
|
|
Una lucidatura a
tampone,eseguita a regola d'arte, è in grado di esaltare l'aspetto
esteriore del legno, facendone risaltare le venature,
conferendogli nel contempo calde tonalità, risultando persino
piacevole al tatto.
Purtroppo, a differenza della
lucidatura mista a cera e gommalacca sopra descritta, richiede una
capacità, manuale difficilmente acquisibile se non con una lunga
esperienza.
Tuttavia, la conoscenza dei
principi teorici che ne stanno alla base e degli errori, in cui
più frequentemente incorrono i principianti, assieme
all'osservazione di un lucidatore intento al suo lavoro,
costituiscono una base di partenza.
Innanzitutto occorre dire che
che con la tecnica in esame, si ottiene il risultato voluto, più
in ragione della modificazione delle proprietà fisiche e
ottiche della superficie del legno, che per effetto dell'
applicazione di strati successivi di vernice.
Infatti, mediante lo
sfregamento del tampone, l'impasto di vernice, pietra pomice
e fibre del legno, leviga la superficie riempiendone le porosità;
ciò fa si che la luce incidente, invece di essere diffusa, viene
riflessa ottenendo un effetto " a specchio".
Essenziale, risulta la
disposizione dei pezzi da lucidare; infatti è necessario lavorare
su superfici sufficientemente ampie da
consentire una adeguata asciugatura dello strato di vernice da tra
una passata e l'altra.
Pertanto è generalmente
consigliabile lavorare su più cassetti, ante fiancate, etc, in
contemporanea, ponendoli ad altezza adeguata a consentire il
lavoro in una posizione ergonomicamente corretta.
Gli elementi più piccoli,
devono essere fissati saldamente al banco di lavoro, eventualmente
per mezzi di braghettoni; i cassetti possono essere accoppiati
e resi solidali tra loro, fissandoli con degli strettoi a delle
assi di legno.
Per quanto possibile, è
opportuno lavorare in orizzontale, in quanto è più facile
esercitare una pressione uniforme e controllare in contro-luce il
risultato.
Il tampone, delle dimensioni
adeguate, in rapporto alla superficie da lucidare, e
sufficientemente piccolo da poter essere comodamente tenuto
nel palmo della mano, tradizionalmente viene ricavato ponendo
della lana non colorata o comunque che non stinga, (di maglia
grossa all'inizio e più fina per le operazioni di finitura)
all'interno di una tela esterna metà lino e metà cotone. Per
esperienza personale, posso dire che si presta benissimo a tale
scopo il tessuto ricavato da vecchi jeans (non tutti però, alcuni
alcuni rilasciano delle fibre), utilizzando quelli di tipo più
erto per le fasi iniziali del lavoro e quelli più fini per le fasi
terminali.
A. Turco "Coloritura,
Verniciatura e Laccatura - Hoepli editore, per impedire la
diffusione del lucido è il conseguente imbrattamento delle mani,
consiglia quanto segue: "si distende un quadrato di tela(che in
genere misura da 15 a 20 cm di lato) su una tavola di marmo, si
ritaglia in modo da fargli assumere una forma quasi circolare e
poi con una soluzione di albumina se ne spalma la parte esterna
per una profondità di circa 3-4 cm, lasciando libero uno spazio
circolare di circa 10-12 cm. La soluzione suddetta si prepara
sbattendo a neve un pò di albume d'uovo, al quale si aggiunge
altrettanta acqua e 4 o 5 gocce di glicerina. Distesa col pennello
tale miscela, la si lascia asciugare per qualche tempo, poi si
passa sopra la tela un ferro caldo. In tal modo l'albumina si
coagula e la tela rimane impermealizzata".
In ogni caso, trovo
particolarmente utile lavorare con guanti in lattice.
Per quanto riguarda la scelta
della pomice, premesso che in commercio ve ne sono di varia
granulometria (tra 90 e 150 Micron) è opportuno utilizzare quella
di qualità finissima; inoltre, nelle fasi terminali del lavoro, è
utile porre la pomice all'interno di tamponcino chiuso di tela,
col quale percuotere la superficie da lucidare con dei colpetti
qua e la.
Così facendo si spargerà solo
solo la pomice così fina da passare attraverso la tela, il cui
quantitativo dovrò essere progressivamente ridotto, man mano che
si procede nel lavoro.
La pomice, nel giusto
dosaggio, variabile a secondo del tipo di legno, maggiore o minore
a secondo se sia più o meno poroso, va sparsa solo tra una mano e
l'altra.
La gommalacca, all'inizio
deve essere molto diluita (quasi tutto alcool); progressivamente
se ne aumenta la densità, per poi diminuirla nuovamente, nelle
operazioni di finitura.
Per ragioni di praticità
conviene utilizzare due bottiglie, di cui una contenente
gommalacca, preparata come sopra descritto, e una contenente
alcool, dosando la diluizione voluta direttamente sulla lana del
tampone.
Quanto ai movimenti, questi
dovranno essere lineari, all'inizio, poi man mano che procede
l'asciugatura del tampone, circolari con ampio raggio e infine
circolari con raggio più stretto o a otto, gradatamente aumentando
la pressione esercitata.
Nelle passate non si dovrà
insistere in una sola area o peggio fermarsi col tampone sulla
superficie, pena il formarsi di antiestetiche "bruciature", dovute
allo scioglimento dello strato di vernice sottostante,
inconveniente particolarmente difficile da rimediare, soprattutto
nelle fasi finali della lucidatura.
Si dovrà passare il tampone
su tutta la superficie, facendolo uscire parzialmente, durante il
movimento rotatorio dai bordi, in modo da lucidare bene anche le
parti più esterne.
Osservato in controluce, il
tampone dovrà lasciare una scia uniforme dovuta ad un leggero
velo, di alcool in rapida evporazione.
Una buona lucidatura richiede
che il lavoro sia ripartito in più giornate, con non più di 3-4
passate al giorno.
La brillantatura finale,
dovrà essere nel senso delle venatura; al temine si potrà passare
una tela ripiegata (senza lana all'interno), leggermente inumidita
di alcool.
Come il lettore avrà intuito,
le variabili in gioco sono molteplici, condizioni ambientali
(temperatura e umidità), tipologia superficie (grandezza e
porosità), qualità della tela, quantità pomice, diluizione
gommalacca e presenza o meno di altre resine, talché la
possibilità di incorrere in errori è elevata e non trascurabile
neanche per un lucidatore esperto.
La tabella sottostante, senza
nessuna pretesa di esaustività, elenca gli inconvenienti più
frequenti.
|
tampone apero
tampone
pietra
pomice in polvere
schemi lavorazione
|
inconveniente |
rimedi |
Velatura: patina bianca dovuta al freddo e all'umidità. |
portare il mobile in un locale caldo e lasciare asciugare; se
permane spagliettarlo con lana d'acciaio fine o carta abrasiva
finissima (600). |
Bruciature: tampone troppo imbevuto, eccesso di pomice. |
Se di modesta entità, continuare nelle lucidaura, senza
insistere troppo sl punto, ma senza evitare di passarvi sopra;
nei casi più seri aspettare che lo strato di lucido si sia
sufficiente essiccato e poi sbrasivare come sopra. |
Trasudazione: dovuta ad un eccesso di olio paglierino |
continuare a passare il
tampone, evitando di assolutamente di aggiungere altro olio. |
Il tampone non scorre. |
aumentare diluizione, cambiare tipo di tela. |
Opacità:dovuta ad un eccesso d'alcool. |
ridurre diluizione gommalacca. |
|
Il
portale di Restauromobile |
Sei un restauratore, un
falegname, un artigiano del legno oppure un antiquario od un privato
e vuoi proporre i tuoi lavori o vendere mobili od oggetti di
antiquariato, oppure vendi articoli, attrezzature e materiali per
falegnami e restauratori ?
Registrati sul portale e
inserisci i tuoi annunci gratuiti.
Nel portale trovi anche,
nella sezione antiquariato & dintorni:
|
|
|
|
|
|
torna alla homepage
|
|