Pulizia
dei giunti e riparazione dei singoli pezzi |
Una volta smontati i singoli
elementi, potrebbe essere necessario rimuovere i residui di colla dai
giunti.
Infatti, se questi sono eccessivi,
potrebbero essere di ostacolo alla successiva incollatura.
A riguardo,
valgono le indicazioni date precedentemente su come sciogliere le vecchie collature
(la pulizia del mobile); diciamo solo che se la colla è di un tipo solubile nell'acqua,
si potrà immergere il giunto direttamente in un catino contenente
dell'acqua calda, oppure, ponendolo sopra, utilizzarne il valore.
Una volta ammorbiditi, tali residui,
potranno facilmente essere rimossi con dei
raschietti o degli scalpelli, attrezzi che si rivelano utili anche
nel1'ipotesi in cui si decida di procedere, direttamente a secco.
Ciò, potrà
farsi se la quantità dei residui è limitata.
Se l'adesivo usato e
insolubile nell'acqua, o comunque si ritiene inopportuno bagnare il
pezzo, ad esempio, perché si teme di danneggiarlo, la rimozione a secco
diviene l'unica praticabile.
Lasciati asciugare i pezzi bagnati, o
esposti al vapore, e rimosse le schegge,che potrebbero far si che non
combacino le superfici da incollare, si passa alla loro riparazione.
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Le riparazioni:
una premessa |
Quando ci si accinge a riparare un elemento di un mobile, ben
presto appare
evidente che non esiste un'unica modalità di effettuare ciò,
ma che esistono varie alternative, ognuna coi suoi pregi e
difetti, spesso non valutabili pienamente a priori.
O almeno, questo
succede nella maggioranza dei casi.
Ciò avviene poiché un restauro
costituisce un compromesso tendente a soddisfare esigenze diverse tra
loro, talvolta difficilmente conciliabili.
Esemplifichiamo il concetto: il
desiderio di conservare il più possibile gli elementi originali di un
mobile, spesso, è incompatibile con la necessità di assicurargli una sufficiente
solidità e funzionalità, la quale impone, in genere, la sostituzione di
alcune parti.
Inoltre, un restauro non può prescindere da considerazioni
di natura estetica, che di volta in volta lo condizionano in un senso o
nell'altro.
Ultimo, ma non meno importante, è il
vincolo economico, costituito dal prezzo che realisticamente è possibile
chiedere al cliente per un dato restauro, e che può portare a scegliere
una soluzione tecnicamente sub-ottimale, ma economicamente compatibile.
In sostanza, tenuto conto del tipo di
destinazione di un mobile, si valuterà se vi siano parti da sostituire e
quanto ampie debbano essere tali sostituzioni per essere solide e
funzionali, cercando, nel contempo, di prevederne le conseguenze di natura
estetica e i tempi di realizzazione occorrenti.
Come criteri guida potremmo dare le
seguenti indicazioni: maggiore è il pregio di un mobile, o la sua età,
viappiù diviene importante la conservazione degli elementi originari; al
limite, per un mobile destinato ad un'esposizione museale, mentre è di
fondamentale importanza il consolidamento e la conservazione del maggior
numero possibile di tali elementi, spesso è irrilevante la funzionalità
degli stessi.
Viceversa, in un mobile di uso
comune, la solidità e la funzionalità delle riparazioni devono, in ogni
caso, essere adeguate al concreto utilizzo.
Ovviamente, tra un estremo e l'altro,
sono possibili tutte le sfumature; starà alla bravura e alla sensibilità
del restauratore, rendersi conto di quale sia l'intervento migliore nel
caso concreto. |
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La scelta del
legno per le riparazioni |
Converrà fare una buona scorta di
legni vari, ricavati da mobili acquistati solo a tale scopo, e altrimenti
inutilizzabili.
Questi presentano il vantaggio di una
sicura stagionatura e di avere una superficie patinata che ne faciliterà
l'armonizzazione col resto.
I pezzi scelti per l'inserimento
debbono adattarsi alla parte da restaurare sia nella venatura, che nel
colore, il quale, al limite, dovrebbe essere leggermele più chiaro,
giacché risulta più facile scurirlo che schiarirlo.
Una venatura similare, tra i pezzi da
aggiuntare, oltre ad avere un'importanza estetica, accresce la solidità
della giunzione, (fig 1a,b,c).
Alcuni legni, quali il mogano,
presentano una peculiarità dì cui occorre tener, conto affinché
l'inserimento risulti corretto; trattasi del marcato effetto di
chiaro-scuro, in cui le differenze di tonalità dipendono dall'angolo
formato dalla venatura rispetto alla superficie.
Ciò fa si che la stessa porzione di
legno appaia scura, se guardata dalla parte del poro, e appaia chiara se
vista dalla parte delle fibre, ovverosia ruotata di 180°.
L'effetto, estremamente evidente dopo
la lucidatura, può però passare inosservato quando il legno è grezzo, e
quindi risulta assai facile sbagliare il verso dell'inserimento.
Per ovviare a ciò, conviene bagnare,
preventivamente, i pezzi in modo da rendersi conto quale potrà essere
l'aspetto finale (fig. 2).
|
Fig.1a
Fig.1c |
Fig.1b
Fig.2 |
Solidità delle giunzioni |
Se le giunzioni saranno sottoposte ad
una tensione non trascurabile, sarà necessario tener conto del profilo
meccanico delle superfici da unire.
Ovviamente, più tali giunzioni si
estenderanno nel senso della lunghezza, più saranno robuste; il minimo
indispensabile è tre volte lo spessore.
L'inclinazione della giunzione
dipenderà da due considerazioni: il verso della venatura e la, direzione
della tensione principale agente sui pezzi da unire.
Se la venatura risulta inclinata,
appare evidente che la soluzione mostrata in fig. 3, in cui le superfici
sono unite lungo la venatura, è migliore rispetto a quella di fig. 4 dove
l'unione avviene di testa.
Ma se la venatura è dritta, il
fattore predominante da considerare, nello scegliere l'inclinazione
opportuna, diviene la direzione della tensione.
Ad esempio, fra le giunzioni
rappresentate in fig 5a e in fig 5b, la seconda dovrebbe essere migliore.
Infatti, quando il legno flette, a
causa della tensione a cui è sottoposto, quest'ultima, viene a
concentrarsi nella parte terminale della giunzione, col risultato che
questa, tende a distaccarsi, nel primo caso, mentre nel secondo, tutta la
superficie incollata sopporta il peso.
Se si ha qualche conoscenza sulle
"leve", la fig. 6 dovrebbe essere di ausilio nella comprensione di quanto
sopra esposto.
La scelta del tipo di giunzione da
utilizzare, per una riparazione, risulta, spesso complicata, e ciò per
svariate ragioni: presenza di ostacoli, quali traverse o altri elementi,
rotture multiple, necessità di preservare fregi o parti intagliate e altro
ancora.
In ogni caso, un'analisi preventiva
sui motivi che stanno all'origine della rottura e sulle tensioni a cui
sarà sottoposta la giunzione che si andrà, a realizzare, insieme alla
conoscenza delle varie, tipologia delle giunzioni, saranno di ausilio in
tale scelta.
Ad esempio, le giunzioni
rappresentate nelle figure da 7 a 12 si dimostreranno valide in svariati
casi.
Argomenti correlati:
motivi intrinseci dei guasti -
disassemblagio parte 2°
|
Fig.3
Fig.5a
|
Fig.4
Fig.5b
|
Fig.6
|
Fig 7
Fig. 9
Fig. 11
|
Fig. 8
Fig. 10
Fig.12
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Alcune
riparazioni molto comuni:
le sedie |
Costituiscono delle strutture
relativamente fragili che debbono sopportare il peso di una persona,
smesso seduta in maniera scomposta.
Ciò, fa si, che siano sottoposte a
notevoli tensioni, che provocano allentamenti e rotture in vari punti e la
cui riparazione rappresenta, sovente, un'autentica sfida per il
restauratore.
Una zona particolarmente soggetta a
rotture è l'incrocio fra le fasce del sedile e il montante dello
schienale, indebolito dalla presenza della. doppia mortasa.
Se si tiene conto che lo schienale
deve sopportare il peso di una persona che vi si appoggia, si intuisce
perché, ivi, la rottura del montante si verifichi con una certa frequenza.
In questi casi è possibile procedere
alla riparazione mediante l'inserimento sul lato esterno di un legno di
rinforzo, come mostrato nelle figure 8 e 9, il quale funga da ponte tra le
due parti spezzate (foto 3 e 4).
Eventualmente, può rendersi
necessaria la sostituzione dell'intera parte terminale della gamba (fig
13).
Altre volte, la difficoltà
dell'intervento potrà derivare dal dover preservare la tappezzeria
esistente, limitandone di fatto l'estensione; le foto 5,6 e 7 ne mostrano
le varie fasi.
Prima si procede a bloccare lo
schienale per realizzare lo scasso su un solo montante, poi si accostano
le parti fratturate avendo cura che stiano in posizione corretta e con la
giusta inclinazione, quindi si procede a pareggiare dal lato della
gamba e si inserisce provvisoriamente un inserto sufficientemente grande,
tenendolo in posizione con degli strettoi.
Si procederà allo stesso modo
sull'altro montante; infine quando la colla avrà fatto presa, si
pareggeranno gli inserti.
Qualche volta, può essere opportuno
ridurre la lunghezza dei tenoni, al fine di minimizzare l'indebolimento
originato dallo scavo delle corrispondenti mortase.
Le mazzette sono, generalmente, meno
soggette a rotture rispetto allo schienale.
Nel caso in cui presentino una
crinatura nello stesso verso della, fascia frontale, più soggetta a
tensioni, può essere opportuna la loro sostituzione.
Il fissaggio della gamba potrà
avvenire mediante la realizzazione di una giunzione a "cava e penola",
(fig. 14).
Sovente, i tenoni risultano in tutto
o in parte rotti, quasi sempre nel tentativo maldestro di fermare il
giunto con i chiodi, (disassemblaggio
parte 2° - fig. 31).
A ciò si può ovviare con la
realizzazione di un inserto (fig. 15a).
Nel caso in cui le fasce laterali
s'inseriscano nelle mazzette o nei montanti dello schienale, con un angolo
acuto o ottuso, l'inserto andrà inserito con un'opportuna angolazione,
(fig. 15b).
Se questa fosse notevole, sarà
opportuno realizzare inserti sagomati, affinché l'angolo d'inserimento
nella fascia non sia eccessivo e tale da indebolirla.
Un'altra possibilità è quella
mostrata nelle foto 8 e 9 ; eventualmente la giunzione può essere rinforzata.
mediante l'inserimento di uno o due spine in legno.
Alcune volte i perni in lego vengono
usati in luogo dei tenoni, (fig. 10).
Se le gambe dello schienale sono tra
loro convergenti, i tenoni posteriori non saranno verticali, ma formeranno
un certo angolo con la fascia che dovrà essere rispettata nel rifacimento
degli stessi.
I gattelli: si tratta di elementi
triangolari di rinforzo che vanno applicati agli incroci delle fasce, i
quali, se fissati correttamente, aumentano i molto la solidità dei giunti,
(fig. 16)
La figura 17 illustra chiaramente la
tecnica per tracciarne la sagoma.
foto 4
foto 5
foto 8
foto 9
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foto 1
foto 3
Fig.14
|
foto 2
Fig.13
Fig.15a
|
foto 6
|
foto 7
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Fig.16
|
Fig.17
|
foto 10
|
|
Riparazione dei registri |
I "registri", ovverosia i listelli,
generalmente fissati alle fiancate dei mobili, che guidano lo scorrimento
dei cassetti, spesso si presentano consumati per l'usura (fig. 18a).
La soluzione più banale consiste
nella sostituzione degli stessi con registri nuovi.
Se però si intende conservare al
massimo gli elementi originali, si potrà pareggiare la parte consumata,
(fig. 18b), incollandovi sopra un listello nuovo, fino a raggiungere lo
spessore iniziale, (fig. 18c).
Una procedura non molto corretta, ma
applicabile quando sia estremamente difficile smontare i registri,
consiste nell'applicare a fianco del registro consumato, un listello che
funga da nuova guida(fig. 18d) .
Ciò ovviamente comporta
l'applicazione di un corrispondente listello all'interno delle sponde dei
cassetti.
In ogni caso, si consiglia di mettere
i registri qualche millimetro (1-3 mm) più alti, rispetto alle "catene",
onde evitare che alle stesse urtino i frontalini dei cassetti. |
Fig.18
|
Riparazione delle sponde |
Come i registri, anche le "sponde",
cioè i laterali dei cassetti spesso si presentano usurate.
Nel caso in cui il consumo non sia
eccessivo (fig. 19a,b e c), una volta pareggiata la sponda, si potrà
applicare un listello, eventualmente, con 2 o 3 spine in legno.
Se la parte mancante giunge in
prossimità o fino alla scanalatura per l'inserimento del "fondalino", la
parte da sostituire dovrà essere più ampia e tale da permettere la
realizzazione di una nuova scanalatura (fig 20 a,b e c).
|
Fig. 19
Fig. 20
|
Rifacimento di una coda di rondine |
Le figure 21a e 21b, sono
abbastanza eloquenti e non richiedono particolari commenti.
Si fa solo notare che le giunzioni a
forcella multipla, raffigurate anche in fig. 11 e 12, incrementando
notevolmente la superficie di contatto sono particolarmente solide. |
Fig. 21 a
|
Fig. 21 b
|
Tecniche per raddrizzare una catena
deformata |
Spesso le "catene" dei comò o delle
credenze, si presentano imbarcate, (fig. 22a).
In proposito, vedi
motivi intrinseci dei guasti - fig. 11,
nel quale si è trattato delle conseguenze di ciò.
Riguardo ai possibili rimedi,
accenniamo alle seguenti soluzioni , che risulteranno valide anche per
fasce, traverse ed altri elementi longitudinali presenti nei mobili.
-
Inserimento di cunei, in delle scanalature
praticate sul lato concavo; si tratta di una procedimento laborioso, dal
risultato incerto che indebolisce notevolmente il listello. Risulta
applicabile solo se tale lato non è a vista,
(fig. 22b);
-
La catena del mobile, preventivamente rimossa, viene tagliata lungo la
linea mediana, (fig. 22c) e la
metà non vista va ruotata in avanti; si otterranno così due listelli
aventi curvatura simmetricamente opposta, i quali, una volta incollati tra
loro, annullandosi reciprocamente le tensioni, si raddrizzeranno, (fig.
22d). Tale procedimento, non eccessivamente difficoltoso, è applicabile
senza problemi particolari, se la catena è incurvata in avanti o all'indietro. Se è incurvata
verso l'alto o verso il basso, è attuabile solo se è lastronata o
impiallacciata; infatti, questa, precedentemente rimossa, una volta
rimessa andrà a coprire il taglio. In ogni caso, occorrerà procedere al
rifacimento dei tenoni.
-
Applicazione sul lato posteriore di
un listello, di legno duro, atto a contrastare l'imbarcamento (fig. 22e -
foto 6). Si tratta di un procedimento rapIdo, ma non sempre
utilizzabile, giacché potrebbe non esserci spazio sufficiente, ad esempio
per la presenza di salvacassetti. Inoltre, il raddrizzamento potrebbe
essere solo parziale. Durante l'incollaggio, i listelli dovranno essere
tenuti dritti, ponendoli tra due masselli sufficientemente robusti,
mediante l'utilizzo di strettoi. Per maggior sicurezza, è opportuno
praticare dei fori, nei quali infilare dei perni di legno. Ciò è cruciale
perché l'intervento si riveli efficace. Per facilitare la comprensione,
immaginiamo un elemento notevolmente incurvato e consideriamo due punti
sulla superficie convessa, che chiamiamo A e B. (fig. 22f),
aventi una distanza tra loro pari a d1. Se raddrizziamo il pezzo, noteremo
che tali punti si sono avvicinati tra loro, trovandosi ad una distanza
minore, pari a d2 (fig. 22f). Chiamiamo x, la differenza tra d1 e
d2 . A questo punto, incolliamo un listello aspettando che la colla faccia
presa. I perni potranno essere contestualmente messi, lasciando uno spazio
sufficiente fra i masselli utilizzati per stringere i pezzi, o
immediatamente dopo aver tolto gli strettoi, (fig. 22g). L'elemento su
cui siamo intervenuti, tenderà a flettersi nuovamente, ma per far ciò
dovrebbe, sia flettere che "stirare" il listello di rinforzo, tra i punti
A e B, in misura pari a x, ma quest'ultima cosa praticamente
impossibile, giacche il legno presenta un ottima resistenza alla trazione
nel senso delle fibre, (vedi a tale riguardo,
motivi intrinseci dei guasti - le tensioni
meccaniche )
|
Fig. 22
foto 6
|
Riparazione delle fessure |
Uno degli effetti della
disidratazione del legno, è la comparsa di fenditure (vedi a tale
riguardo, il relativo paragrafo in motivi
intrinseci dei guasti).
Nel caso in cui sia possibile
riaccostare le parti separate, sarà bene rafforzare l'unione di costa
mediante spine, linguette o doppie code di rondini (disassemblaggio
- parte 2° - fig. 4, 5, e 6).
Se ciò fosse impossibile, per
l'irregolarità della fenditura, o comunque inopportuno, ritenendo
necessario mantenere le dimensioni complessive del pezzo, si dovranno
inserire delle "filze", cioè delle sottili strisce di legno.
Le figure 23a e 23b, mostrano una
tecnica per tracciarne il contorno, particolarmente utile quando i bordi
sono irregolari; fissato un nastro di carta adesiva sulla fessura, si
passa la matita con un'angolazione accentuata, (praticamente col bordo
della mina).
Fatto ciò, si applicherà il nastro
adesivo sul legno da cui ricavare le filze e si ripasseranno i contorni
ricavati con una penna; ciò è sufficiente per lasciare la traccia sul
legno sottostante.
Per tagliare le filze, risultano
estremamente utili le piccole seghe a nastro da hobbista.
Ovviamente, il taglio, dovrà essere
eseguito all'esterno della traccia, altrimenti la filza verrebbe troppo
stretta; affinché la corrispondenza sia perfetta, potrà essere necessario
rimuovere l'eventuale parte eccedente della filza con uno scalpello, carta
vetrata, rasiera, etc, o allargare la fessura.
Nell'incollaggio della filza, questa
dovrebbe essere il più possibile a filo con il resto o al limite
lievemente sporgente.
Al fine di evitare, nei limiti del
possibile, la riapertura della fessura può essere utile di l'applicazione
di tavole e masselli controvena, (fig. 25a e 25b).
Tuttavia, spesso, col progredire del
naturale restringimento del legno, tale intervento non fa che provocare la
formazione di altre fessure o si risole nel distacco dei legni incollati
controvena.
Per ovviare in parte a ciò, è
possibile avvitare il massello controvena, inserendo le viti a ridosso
della fessura, dentro dei fori, e più ai lati, dentro delle asole, le
quali consentano al legno di dilatarsi e restringersi liberamente;
ovviamente, in tal caso, i masselli non vanno incollati, (fig. 25c).
Quando a essere fessurati, sono i
fondalini dei cassetti o gli schienali dei mobili, può essere opportuno,
applicare anche delle strisce di stoffa (cotone o lino)
|
Fig. 23a
Fig. 24
Fig. 25b
|
Fig. 23b
Fig. 25a
Fig. 25c
|
Piani imbarcati |
Non sempre si procederà nel tentativo
di raddrizzare un piano imbarcato.
Infatti, se il difetto è lieve e non
è funzionalmente dannoso, viene generalmente tollerato, anche perché,
generalmente, tale intervento è di una certa complessità.
Se la parte a vista è quella
convessa, si potranno praticare delle scanalature dalla parte concava,
nelle quali inserire dei listelli a forma di cuneo (fig. 26b).
Ciò avrà l'effetto di farla
distendere; ovviamente, maggiore il numero, più tale distensione diviene
controllabile.
A tal proposito, si raccomanda di
procedere con particolare cautela, mediante l'utilizzo di masselli e
stringendo gli strettoi con la gradualità necessaria ad evitare i formarsi
di crepe nel legno.
Eventualmente, ove ciò fosse
possibile, si potranno applicare dei masselli o delle tavole controvena
(fig. 25a e 25b).
Se a essere visibile è il lato
concavo, le scanalature verranno praticate sull'altro lato al solo fine di
"snervare", cioè indebolire il legno, quel tanto da rendere agevole
raddrizzarle con dei masselli o tavole controvena, fissati in maniera
definitiva o temporanea.
In questo ultimo caso, mediante
l'inserimento di doppie code di rondine, in appositi scassi realizzati a
cavallo delle scanalature, si riuscirà a tenere accostati i lembi dei
tagli, che in conseguenza del raddrizzamento, si saranno ravvicinati,
(fig. 26c) e, in definitiva, si impedirà al piano di incurvarsi
nuovamente una volta rimossi gli strettoi.
Quest'ultima soluzione, benché più
laboriosa, è preferibile, in quanto è esente dalle controindicazioni che
abbiamo visto, parlando dell'applicazione dei masselli e tavole controvena
(riparazione delle
fessure) e non implica l'applicazione di elementi sporgenti.
Un'altra alternativa, consiste nella
applicazione di traversi a coda di rondine, (fig.
7 e 8 - disassemblaggio del mobile - parte 2° ) i quali però, non
dovrebbero essere incollati, al fine di consentire i naturali movimenti
del legno.
|
Fig. 26a
Fig. 26b
Fig. 26c
|
Placcatura di pezzo nuovo con una
"lamina", ricavata dal pezzo originale |
Accade, talvolta, che una parte di un
mobile, anche estesa, sia talmente degradata da dover essere sostituita.
In tali casi, una soluzione che
permette di mantenere inalterato, o quasi, l'aspetto esteriore, garantendo
una sufficiente robustezza, consiste nel ricavare dal pezzo
originale una sottile fetta, con la quale si potrà "placcare", cioè
ricoprire il pezzo nuovo.
Ovviamente, anche la lastronatura e
l'impiallacciatura, potrà essere rimossa e analogamente riapplicata su un
nuovo supporto.
|
Fig. 27a
|
Fig. 27b
|
Scorrimenti dei
tavoli allungabili |
Richiedono quasi sempre l'intervento
del restauratore.
Rimossi i fermi, e separati i singoli
pezzi, precedentemente numerati, si andrà a togliere la sporcizia che
verosimilmente si è depositata all'interno dei canali rimuovendo le
eventuali asperità del legno, utilizzando dei raschietti o della carta
vetrata.
Potrà rendersi necessaria la
sostituzione delle doppie code di rondine, eccessivamente usurate o rotte
e dei fermi.
|
Fig. 28
|
Rifacimento e
riparazione dei piedi "a mensola" |
Le basi di appoggio dei mobili, siano
esse formate dai fianchi, modanature, dalle "cipolle", o dai piedi "a
mensola", sono in genere, per ovvie ragioni, tra le parti più deteriorate,
quando non siano in tutto o in parte andate perdute.
Per quanto riguarda le modanature e
le cipolle, si fa rinvio alle pagine relative rispettivamente,
all'intaglio e alla tornitura (in corso di realizzazione).
La realizzazione dei piedi a mensola,
non presenta, normalmente soverchie difficoltà, se non quella di
sceglierne la forma e le dimensioni adatte, in assenza del modello
originale.
A puro titolo esemplificativo, si
riportano alcuni modelli, avvertendo che si tratta di un campionario
limitato. rispetto alle varie tipologie che si riscontrano nel mobilio a
partire dal XVII° secolo.
|
Fig. 29a
Fig. 29d
Fig. 29g
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Fig. 29b
Fig. 29e
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Fig. 29c
Fig. 29f
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