Il restauro del mobile

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Iniziare un restauro: una premessa indispensabile

 

Passiamo senz'altro affermare che la pulizia e lo smontaggio del mobile rappresentano le prime fasi del lavoro, benché non sia possibile stabilire una priorità assoluta tra le due.

Infatti, si potrà iniziare con lo smontare il mobile nelle sue componenti principali, pulirle, e poi rendersi conto di dover smontare ulteriormente i singoli pezzi.

Sarà, quindi, l'esperienza a suggerire, di volta in volta, l'ordine da seguire nel caso concreto.

In linea di massima, si può distinguere tra lo smontaggio di parti del mobile che sono fissate con perni, cerniere, piastrine, graffe, chiavarde, di elementi metallici come pomelli, maniglie, fregi decorativi, di elementi ausiliari come vetri, marmi e tappezzerie e lo smontaggio di parti che sono, o dovrebbero essere incollate (disassemblaggio del mobile - parte 2°).

Considerando le prime come operazioni preliminari, le tratteremo prima della pulizia del mobile.

 

DISASSEMBLAGGIO, PARTE 1°

 

Nello smontare un mobile o una parte di esso consigliamo di tenere bene a mente il modo in cui pezzi, erano stati montati ed eventualmente di contrassegnarli, di numerarli e di disegnare su un foglio, meglio su un agenda, il verso, la disposizione con cui erano stati fissati.

Inutile dire che cerniere, maniglie, etc vanno conservate accuratamente, possibilmente in un cassetto o scomparto a ciò appositamente destinato.

Naturalmente, la decisione sul loro riutilizzo o meno, andrà presa sia in base alla loro integrità, funzionalità o possibile riparabilità, sia in base alla loro concordanza stilistica col mobile.

Con ciò intendiamo dire che tali oggetti devono essere in "canone", ovverosia aderenti allo stile del mobile, altrimenti è meglio sostituirli con delle buone riproduzioni.

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Togliere i marmi

 

Benché i marmi, generalmente, non venissero fissati, vi sono delle eccezioni.

Infatti, talvolta venivamo incollati; in tal caso, se non è proprio indispensabile, consigliamo di non toglierli, facendo però attenzione, poiché un loro improvviso distacco potrebbe mandarli in frantumi.

Nelle "toilette" di fine 800, il piano in marmo è spesso sormontato da dei piccoli marmetti, uno su ciascun lato e uno sul fondo.

Generalmente sono fissati a incastro, ma talvolta venivano avvitati.

Per toglierli occorre partire da quelli laterali. (fig 1).

In alcuni comò, il piano di marmo è a incastro, e per toglierlo è necessario individuare il foro presente nel sottopiano.

Spingendo da sotto con un legno è così possibile sollevarlo.

Per scostare marmi di una certa dimensione occorre afferrarli di taglio altrimenti potrebbero rompersi.

 

 

Fig. 1

Togliere i vetri

 

Spesso i vetri sono tenuti in posizione da "braghettoni" ovverosia da regoli di legno fissati con dei chiodini.

Togliere quelli rappresentati in fig 2a, non presenta particolari difficoltà; partendo da quelli contrassegnati con il numero "I" si inserirà uno scalpello in prossimità dei chiodi facendo delicatamente leva.

Quelli rappresentati in figura 24b, sono più difficili da togliere; si partirà dal centro di uno dei regoli più lunghi, arcuandolo leggermente verso l'alto e con un po' di attenzione, sarà possibile toglierlo senza romperlo.

Si proseguirà nell'ordine segnato in figura 2b.

Talvolta i vetri venivano inserite in delle scanalature, con la traversina superiore completamente traforata per permetterne l'estrazione. (fig.3)

Nel caso in cui tale traversina non sia stata traforata per togliere il vetro sarà necessario sfilarla.

Spesso ciò è possibile senza eccessive difficoltà, giacché in tali casi non veniva incollata ma semplicemente bloccata con dei cavicchi o con delle viti, (fig 4).

 Altro sistema per fissare i vetri era l'utilizzo del mastice il quale aveva il vantaggio di creare una struttura vetro-cornice estremamente robusta, evitando il tintinnio e la flessibilità degli altri sistemi di fissaggio (fig 5).

Disgraziatamente tale mastice, col tempo, diviene durissimo, percui non è affatto facile toglierlo.

Nel caso in cui ciò fosse indispensabile, ad esempio per la sostituzione di un vetro rotto, può essere utile scaldare il mastice con la punta di un saldatore.

 

Fig. 4

 

 

Fig. 2a

 

 

 

Fig. 2b

 

Fig. 3

Fig. 5

 

Togliere la tappezzeria

 

Sebbene sia un lavoro spiacevole è necessario, nella maggior parte dei casi, per un corretto restauro di sedie, poltrone e divani.

Dire che i tessuti e l'imbottitura siano spesso molto impolverati è un eufemismo, e ciò è dovuto anche alla deprecabile abitudine di alcuni tappezzieri di mettere i nuovi tessuti senza prima aver tolto quelli sottostanti.

Consigliamo, pertanto, di indossare una mascherina che protegga dalla polvere.

Inoltre si potrà togliere, in via preliminare, facendo uso di un taglierine, quanto più tessuto e imbottitura possibile, a meno che non si tratti di stoffe di estremo pregio e quindi da recuperare, caso piuttosto remoto a dir la verità.

Si procederà, quindi, a togliere le bollette da tappezziere con la apposita scacciachiodi, tenendo il manico rivolto in direzione opposta rispetto al legno, in modo da non danneggiarlo (Fig 6).

Ovviamente, andranno tolte anche cinte e le eventuali molle d'acciaio, (fig 7)

 

Fig. 6

Fig. 7

Smontaggio delle cerniere

 

1) Cerniere a pollice

Sono costituite da due barrette di metallo con dei fori di fissaggio; una con un perno, detta "maschio", e l'altra, detta "femmina", con un foro dove va ad alloggiare il perno.

 La femmina viene incassata nelle traverse del mobile mentre il maschio nelle traverse inferiori e superiori delle ante (figure 8a e 8b).

Nello smontare le ante occorre tener presente che normalmente solo uno scasso o bassofondo, generalmente quello inferiore, consente lo slittamento del maschio (fig 8c).

 

Fig. 8a

Fig. 8b

Fig. 8c

 

2) Cerniere a baionetta

Costituiscono una variante delle cerniere a pollice, con la femmine munita di una linguetta metallica con funzione di fermo.

Vengono utilizzate nelle ribaltine per tenerle in posizione orizzontale quando sono aperte    (fig 9a e 9b).

3) Cerniere a ginocchio

Vengono utilizzate, generalmente, nei tavolini da gioco con metà mano ribaltabile.

Poiché vanno incassate lateralmente e talvolta vengono ricoperte con della lastronatura, solo lo snodo risulta visibile (fig 10a, 10b e 10c.

Fig.9a

Fig.9b

Fig. 10a

Fig. 10b

Fig. 10c

4) Cerniere invisibili

Di fabbricazione piuttosto recente, sono costituite da una, serie di braccetti metallici sovrapposti, rotanti su un perno fisso, che generano un movimento di traslazione orizzontale dei perni mobili nell'apposita feritoia (fig 11a, 11b e 11c).

Hanno il vantaggio di essere praticamente invisibili ma sono strutturalmente fragili.

Vengono fissate con delle viti.

5) Cerniere a cilindro

Le varie cerniere a cilindro, sfilabili, con perno sfilabile, comune, da tavolo, non presentano particolari problemi di smontaggio, se non quelli derivanti dalla difficoltà di togliere viti incrostate di ruggine o con testa rovinata (fig 12, 13a, 13b e 14).

 

Fig. 11a

 

Fig. 11b

Fig. 11c

 

Fig. 12

 

Fig. 13a

 

Fig. 13b

 

6) Cerniere ad anello.

Furono utilizzate a partire dal 500. Per toglierle è necessario raddrizzare le linguette, ma poiché generalmente sono arrugginite bisogna tenere presente che potrebbero facilmente spezzarsi.

Può essere opportuno allargare il foro passante per permetterne un'estrazione più agevole.

Hanno il difetto di essere poco funzionali, infatti, col tempo, le ripetute aperture e chiusure fanno sì che il foro passante divenga eccessivamente lasco, sicché la cerniera non tiene più saldamente (fig 16).

Fig. 15

Fig. 16

Togliere le viti

 

Togliere delle viti può essere semplicissimo o per converso esasperante oltre ogni dire.

Ovviamente la prima cosa da fare è scegliere un cacciavite adeguato.

La larghezza della punta deve essere appena inferiore al diametro della testa e lo spessore uguale alla larghezza, dello spacco.

Bisogna tener presente che più lungo e grande è il cacciavite maggiore è la forza, che si riesce a esercitare.

Nel caso di viti ossidate può essere utile spruzzare del disincrostante.

Se ciononostante la vite non si sbloccasse, si potrà provare a scaldarla, con un saldatore.

Il calore, facendo dilatare il metallo, comprimerà le fibre del legno, sicché quando la vite, col raffreddamento, sarà tornata al volume originario, il foro dovrebbe essere sufficientemente largo da permetterne l'estrazione (fig 17).

Un'altra tecnica, a cui consigliamo di ricorrere solo come estremo tentativo, poiché può portare alla rottura della testa della vite, consiste nell'inserire la punta del cacciavite nello spacco in prossimità del bordo esterno della testa tenendolo inclinato a mo' di scalpello dando alcuni colpi di mazzuola.

A tale scopo, converrà utilizzare dei vecchi cacciaviti poiché è facile che in tale operazione si danneggino (fig 18).

 

 

Fig. 17

 

Fig. 18

Altri elementi

 

1) Piastrini metallici

Trovano molteplici utilizzi come elementi di unione fra parti del mobile, generalmente non incollate tra loro.

Comunemente, vengono impiegate per tenere unite le alzate al corpo inferiore nei mobili a due corpi (fig 19).

2) Le chiavarde

Costituiscono il tipico sistema di fissaggio delle basi e dei cappelli alle fiancate degli armadi di fine, '800 e dei primi decenni del '900.

Sono formate da un bullone filettato che si impana a una contropiastra.

La testa del bullone presenta dei fori passanti; inserendovi un punteruolo è possibile avvitarlo e svitarlo (fig 20).

3) Maniglie e i pomelli

I pomelli vengono applicati con dei bulloncini o con delle viti (fig 21).

Le maniglie, generalmente, vengono applicate, oltre che con delle viti, anche con dei bulloncini filettati.

Per toglierle, si dovranno svitare con un'apposita chiavetta i dadi situati nella parte interna dei cassetti o delle ante (fig 22).

 

  

 

Fig. 19

 

Fig. 21

 

Fig.20

 

Fig. 22

 

Fig. 23

(ripreso da "Restauro

e manutenzione dei

mobili antichi" di John Rodd)

4) Sostegni metallici

Quello rappresentato in fig 23 è comunemente usato per sostenere le alette dei tavolini da tè.

Prima di toglierli occorre verificare che siano stati montati correttamente, di modo che le alette stiano ben alzate quando vengono aperte e si abbassino bene quando vendono chiuse.

I fori di fissaggio corretti andranno contrassegnati con delle tacche se dovessero essere presenti altri fori in posizione errata, e in grado ingenerare confusione.

Ciò, non di rado, avviene poiché la posizione esatta dei sostegni veniva spesso determinata, per approssimazioni successive.

La didascalia affiancata, alla figura 23 riporta la procedura per determinare ex novo la posizione esatta.

La figura 24a mostra un particolare sostegno per le ribaltine, costituito da due aste unite tra loro tramite uno snodo, l'asta più lunga viene fissata, per mezzo di un piastrino snodato, al piano della ribalta, mentre quella più corta viene avvitata ad un'assicella di legno la quale, all'atto dell'apertura della ribalta, trainata da detto sostegno, scorre, fuoriuscendo dal mobile attraverso apposita feritoia e facendo da sostegno inferiore della ribalta. (fig 24b e 24c).

 

 

 

fig. 24a

fig. 24b

fig. 24c

 

5)Sponde dei letti: sistemi di fissaggio

 

Le sponde dei letti spesso venivano unite alle spalliere tramite dei piastrini a "baionetta" .

Il maschio di tali piastrini, incassato di testa alla sponda, presenta dei perni a elle che vanno a inserirsi nella femmina del piastrino a sua volta incassata nella spalliera (fig 25a 26b).

Altre volte le sponde venivano fissate con delle chiavarde.

Il bullone veniva inserito nella sponda longitudinalmente tramite una cava sufficientemente ampia, sfociante in un foro passante.

La contropiastra, ovviamente, veniva incassata nella spalliera. (fig 25c).

 

Fig. 25a

Fig. 25a

Fig. 25a

 

 

 

 

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