Il restauro del mobile

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Motivi intrinseci dei guasti

 

Prima di iniziare un restauro di un oggetto ligneo, occorre un'attenta valutazione sulla natura ed entità dei danni subiti dallo stesso.

Di solito, mentre quelli dovuti ad uso prolungato, incuria e a precedenti restauri mal eseguiti, sono abbastanza evidenti o comunque di comprensione intuitiva, il riconoscimento di quelli intrinseci, cioè derivanti dalla natura stessa del legno e dalle tecniche costruttive impiegate, richiede, per l'appunto, la conoscenza delle già accennate proprietà fisiologiche e meccaniche e di come queste influiscano sulla stabilità e resistenza di una data struttura.

Tanto più che il legno, spesso soggetto all'aggressione dei tarli e funghi, sotto l'effetto di agenti esterni quale calore, umidità e tensioni meccaniche, subisce continue modifiche dimensionali, nella conformazione e nella resistenza, che possono creare o accentuare zone di fragilità strutturale o rivelarsi comunque funzionalmente e/o esteticamente dannose.

Sarà pertanto opportuno esaminare tali effetti in maniera dettagliata.

 

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Disidratazione del legno

 

Il legno fresco presenta un notevole quantitativo d'acqua, dal 20 fino al 50%, a seconda della stagione e del tipo di pianta.

Dopo il taglio tale quantitativo si riduce al I2-l8 % mediante stagionatura e continua a ridursi gradatamente nel tempo, purché il legno venga mantenuto in un ambiente asciutto. Questa progressiva disidratazione ha come conseguenza sia una diminuzione del peso specifico, che un ritiro dimensionale del legno. soprattutto in senso trasversale rispetto alla direziono delle fibre, il che in parole povere significa che mantiene quasi inalterata la lunghezza ma si restringe in larghezza, (fig. 1).

In genere, le essenze lignee di maggiore densità (peso specifico), avendo i vasi più piccoli e le fibre più compatte hanno un potere igroscopico, cioè di assorbire ed espellere l'umidità, minore e pertanto sono soggette ad un minore ritiro dimensionale.

La tabella a sottostante riporta i pesi specifici medi a umido e a secco delle essenze legnose più comuni.

Il restringimento può non essere uniforme, e ciò dipende principalmente dal modo in cui il tronco è stato sezionato.

Altre concause sono la presenza di fibre di andamento irregolare e di "nodi" che costituiscono un'alterazione congenita dovuta all'incorporamento nel tessuto legnoso della generatrice di un ramo.

Nella figura 2a vediamo gli effetti del ritiro in un tronco tagliato tangenzialmente.

L'asse centrale tende a restringersi all'estremità in misura maggiore di quanto faccia al centro, assumendo una forma lenticolare.

Ciò accade poiché il legno esterno, più giovane, ha un contenuto di umidità maggiore.

Le assi esterne tenderanno a inarcarsi nel senso opposto al midollo, infatti a parità di distanza dal centro, il legno della facciata esterna è costituito da legno più giovane rispetto a quello della facciata interna. Fig 2a,2b,2c,2d

 

Fig.1

 

 Fin.2b

 

Fig.2c

 

Fig.2d

 

essenza

peso in kg/mc

 

essenza

peso in kg/mc

 

 

umido

secco**

%

 

umido

secco**

%

Abete

870

460

0,47

Noce

920

720

0,22

Salice

800

470

0,41

Faggio

980

730

0,26

Pioppo

860

470

0,45

Gelso

1050

730

0,30

Tiglio

800

531

0,34

Acacia

910

740

0,19

Larice 

820

610

0,26

Frassino

940

740

0,21

Platano

880

620

0,30

Carpino

1070

820

0,23

Betulla

950

620

0,35

Rovere

1000

850

0,15

Pino

900

650

0,28

Tasso

1020

850

0,17

Acero

920

660

0,28

Castagno

950

870

0,08

Mogano*

700

700

-

Palissandro

920

920*

-

Olmo

970

700

0,28

Bosso

1200

1050

0,13

Ciliegio

990

700

0,29

Guaiaco

1350

1350*

-

* non subiscono variazioni apprezzabili da umido a secco

** umidità residua dopo stagionatura, variabile dal 12 a 18%

 

Tale fenomeno è detto,in gergo, imbarcamento".

Per ovviare, in parte, a tali inconvenienti è possibile adottare altri sistemi di segagione, come quello radiale (fig.  3) o in quarto con direzione alternativa (fig 4).

Il primo è ottimale sotto il profilo della stabilità ma non permette di ottenere assi molto larghe e richiede uno spreco maggiore.  Il secondo consiste in una soluzione di compromesso tra economicità e razionalità tecnica.

Da quanto detto si comprende perché gli ebanisti coscienziosi abbiano sempre dato grande importanza ad un'accurata scelta del legno e alla sua stagionatura in modo da ridurre, entro limiti accettabili, le deformazioni e gli ulteriori restringimenti successivi all'ultimazione del mobile.

Ciononostante, per quanto accurata possa essere stata tale scelta è probabile che l'impercettibile ma continuo movimento avrà prodotto nel corso dei decenni, per non dire dei secoli, dei danni più o meno seri.

 

Fig.3

Fig.4

 

             I danni dovuti alla disidratazione; i casi più comuni

 

Capita molto spesso che le fiancate o i piani dei mobili presentino delle fessure. Ciò avviene allorquando tali elementi risultino fissati a qualche parte della struttura in maniera rigida, sicché il processo di restringimento sfocia, superati determinati limiti di resistenza, in una fessure (fig 5).

Per ovviare a tali inconvenienti gli ebanisti spesso adottarono, e adottano, la "pennellatura", nella quale cui un pannello, libero di muoversi, viene inserito nei montanti mediante apposite scanalature.

Tale sistema si rivela efficace purché il pannello sia effettivamente libero, il che non sempre accade, giacché questo risulta talvolta bloccato da altre strutture, quali ad esempio, le guide dei cassetti.

Altre volte lo scopo per cui le scanalature sono state realizzate viene vanificato dal fatte che il pannello vi è stato incollato dentro.

Accade talvolta che il processo di restringimento prosegua sino a far uscire il pannello dalle scanalature (Fig 6)

 

fig. 6a

 

 

Fìg. 6b

Il pannello si restringe, ma non si fesssura in quanto è libero.

 

Fìg. 6c

Il pannello si restringe tanto da uscire fuori dalla scanalatura di un montante.

Altro caso comunissimo è l'allentamento dell'incastro fra tenone e mortasa (fig 7).

Il ritiro del legno può causare un cambiamento di forma; ad esempio una cornice può risultare aperta all'interno dei giunti.

La figura 8 chiarisce il perché.

Anche le deformazioni del legno possono essere causa di svariati danni; i piani e le fiancate risultano spesso imbarcate, soprattutto se il collaggio delle tavole è stato effettuato come in fig 9b con le facce tutte nel senso diritto o tutte nel senso rovescio.

Se viceversa queste sono state incollate come mostrato in fig. 9a l'imbarcamento complessivo risulterà minore.

Talvolta, questo può essere di tale entità da provocare il distacco del piano o delle fiancate dal resto della struttura.

Generalmente. le deformazioni che riguardano le ante sono più gravi in quanto, oltre al danno estetico, evidente soprattutto quando queste dovrebbero chiudere a filo, può esservene uno funzionale.

Spesso, infatti, tali deformazioni non ne consentono addirittura la chiusura (fig 10).

Le deformazioni riguardanti le catene dei comò e delle credenze possono essere assai gravi in quanto potrebbero impedire lo scorrimento dei cassetti o l'apertura delle ante (fig 10).

 

fig. 9 a b

fig. 10

fig. 11

 

Fìg. 5

 

I montanti vengono tenuti ad una certa distanza tra loro da traverse;

la fiancata,         ancorata ai due montanti si fessura nel senso della lunghezza.

 

fig. 7

 

Il restringimento di  tenone  mortasa e il conseguente distacco della colla provocano l'allentamento dell'incastro.

 

fig. 8

Effetti dell'umidità

 

L'umidità ha effetti, in certo qual modo, opposti rispetto al naturale disidratamento, in quanto provoca una dilatazione ed un aumento di peso del legno, fenomeno detto rigonfiamento.

Dobbiamo però dire che l'umidità viene assorbita in maniera non uniforme e cioè in misura maggiore dalle superfici grezze, non rifinite, rispetto a quelle lisce e lucidate.

Ciò fa si che il legno si imbarchi come mostrato in fig. 12.

Il legno, gonfiandosi, può rendere difficoltosa l'apertura e la chiusura di ante e cassetti provocando, cosi, danni ulteriori dovuti ad attriti e a tensioni meccaniche eccessive.

Inoltre l'umidità danneggia la lucidatura, può provocare il distacco di parti incollate, favorisce la proliferazione dei tarli e la crescita dei funghi, costituendo perciò una delle più gravi cause di degrado dei mobili e dei manufatti lignei in genere.

 

 

fig. 12

Effetti del calore

 

Il calore eccessivo e dannoso soprattutto in quanto provoca una disidratazione repentina e non uniforme del legno.

Il conseguente brusco assestamento, non consentendo una graduale distensione elastica delle fibre, farà si che gli effetti dannosi del ritiro saranno estremamente pronunciati.

Anche le colle usate nella generalità dei casi risentono negativamente degli effetti del calore.

Infatti, molto spesso, la causa principale del distacco dei piallacci risiede proprio nella vicinanza dei mobili a una fonte di calore. fig 13

 

 

fig. 13

I tarli e funghi

 

Sotto il nome comune di"tarlo" si ricomprendono diverse specie di insetti xilofagi, per lo più coleotteri, le cui larve vivono nel legno.

Il più comune, il cosiddetto tarlo del mobile (Anobium punctatum o pertinax) esiste in due varietà: il piccolo tarlo e il grande tarlo.

La femmina può deporre sino a 60 uova che si schiudono lasciando uscire le larve, dall'aspetto di piccoli vermi bianchi non pelosi, che rimangono nel legno dai 3 ai 5 anni.

Alla fine di questo periodo, in cui possono aver roso dai 150 ai 250 mm di legno si avvicinano alla, superficie e trasformatisi in insetti adulti escono per accoppiarsi e deporre nuove uova.

L'esemplare adulto esce dal legno in primavera, da aprile a giugno.

Di colore marrone, hanno dimensioni variabili dai 2-3 mm, per la varietà più piccola, agli 8-20 mm, per quella più grande, Fig. 14.

 

Altre specie abbastanza comuni sono:

 

  • il Bostrico tipografo che attacca i pini e gli abeti scavando tra il legno e la corteccia una galleria quasi rettilinea nella quale la femmina, man mano che avanza, depone le uova. Le larve a loro volta scavano numerose gallerie secondarie che si diramano da quella materna. Ciascuna galleria termina con una camera in cui la larva compie il suo sviluppo;

  • il Lyctus, la cui larva ha l'aspetto di un piccolo verme bianco non peloso con un ciclo larvale di 6-12 mesi;

    Da origine a un coleottero marrone, duro,di forma allungata, con delle antenne che misura da 3 a 6 mm;

  • Il Capricorno o Acantocino (Acanthocinus aedilis), la cui larva ha l'aspetto di un grosso verme bianco, con delle mandibole forti, marrone scuro;

    Ha un ciclo larvale di 3-10 anni da origine a un insetto bruno-nero lungo e appiattito che misura da 10 a 20 min;

  • Il Grande capricorno (Cerambyx heros) è un coleottero le cui larve rodono la corteccia e il legno delle querce scavandovi lunghe gallerie L'insetto adulto può misurare fino a 5 cm.

 

fig. 14

 

I danni causati dai tarli possono essere di tale entità da rendere impossibile o estremamente difficoltoso il restauro di un mobile.

Talvolta basta asportare uno strato sottilissimo di legno per osservare un inestricabile groviglio di gallerie, mettendo allo scoperto il cosiddetto "tarlo traverso".

Nei casi più gravi il legno assume una consistenza poco più che farinosa.

Anche i funghi esercitano un'azione deleteria sia sulle piante viventi sia sul legno già tagliato.

Questi parassiti, accellerando l'azione di decomposizione del legno e trasformandolo in una massa tenera e spugnosa facilitano, altresì, l'aggressione da parte dei tarli.

 

Link consigliato per un ulteriore approfondimento www.fibrotar.it

 

Argomenti correlati: trattamenti tarlicidi e consolidamento del legno degradato

 

Le tensioni meccaniche

 

fig 16a

 

fig 16b

 

fig. 17

 

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Il legno in buono stato, in virtù della sua elasticità, possiede generalmente una buona resistenza meccanica a varie forze.

La sua struttura fibrosa, però, fa si che tale resistenza vari a seconda del verso, della direzione con cui tali forze sono applicate.

Potremmo cosi sintetizzare: il legno possiede un'ottima resistenza alla compressione e alla trazione lungo la venatura, (fig I5a), una "buona resistenza alla compressione trasversalmente alla venatura, (fig 15b), e una discreta resistenza a forze flettenti trasversalmente rispetto alla venatura, (fig I5c).

Disgraziatamente, però, il legno possiede una scarsissima resistenza a forze di taglio lungo la venatura.

Generalmente gli ebanisti tengono conto di ciò, ma talvolta considerazioni di natura estetica finiscono per avere la meglio, sicché si realizzano strutture belle, eleganti ma con insiti dei punti di debolezza.

Ciò accade ogni qualvolta vengano realizzate delle parti in legno che siano curve e, generalmente, i punti più soggetti a rotture, sono quelli ove la curvatura, rispetto al verso della venatura, è massima. 

Altri punti di debolezza, sono dovuti alla presenza di fibre dall'andamento irregolare.

La figura 17 chiarisce il perché.

Anche i nodi, provocando la deviazione e la troncatura delle fibre, si rivelano assai dannosi per la resistenza del legno; fig. 18

Talvolta accade che i nodi fuoriescano dal legno lasciando un foro perlomeno antiestetico. fig. 19

Tali nodi, detti "morti" vengono a formarsi in seguito ad un'errata potatura della pianta.

Infatti, se questa non viene eseguita aderente alla corteccia, accade che il ramo, rinsecchito, viene ricoperto dalla pianta in accrescimento.

Il ramo, però, non essendo alimentato rimane come corpo estraneo ma, mentre nelle latifoglie spesso marcisce, nelle conifere, per effetto della resina contenuta nel legno, la necrosi non avviene, ma può accadere che il nodo rimanendo avulso dalla massa del legno si distacchi facilmente.

Ovviamente le varie essenze legnose avranno una diversa resistenza.

In linea di massima questa sarà tanto-maggiore quanto più i legni sono duri, compatti, dalle fibre regolari e privi di nodosità.

Riguardo la durezza dei legnami riportiamo la scala di Exner.

Durissimi: ebano, bosso, leccio, etc

Duri: acacia, carpino, olivo, palissandro, agrifoglio, gelso, sambuco, faggio, quercia, frassino, acero, mogano, noce, melo, pero, tasso, etc

Mediocremente duri: platano, olmo, castagno, pino montano, etc

Teneri: larice, betulla, nocciolo, pino nero, pino silvestre, abete rosso, abete bianco, etc

Tenerissimi: salici, pioppi, tiglio, etc.

 

 

fig. 15a

 

fig. 15b

 

fig. 15c

 

fig. 18

fig. 19

 

 

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